Se il 2020 è stato l’anno del covid, e come tale sarà ricordato a lungo, anche nelle memorie dei libri di storia, il 2021 si apre con la speranza del vaccino che dovrebbe mettere fine alla pandemia. Cosa aspettarci, perciò, da questo nuovo anno in arrivo? Quasi certamente ci porterà la tanto agognata immunità al coronavirus, e questo, se non altro, dovrebbe mettere tutti di buon umore, perché è un’aspettativa che coralmente accogliamo. La campagna vaccinale, che è partita in contemporanea per tutta l’Europa, il 27 dicembre, sarà lunga, e si snoderà per molti mesi, arrivando fino al periodo estivo. I primi ad essere vaccinati saranno i medici e gli operatori sanitari, di strutture ospedaliere pubbliche e private, e di case di cura e di riposo per anziani. Perché è proprio agli anziani che sono destinate le dosi della seconda turnazione vaccinale. Successivamente, si passerà a tutti coloro i quali sono affetti da gravi patologie debilitanti. Si prevede poi di destinare ulteriori scorte ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado, e agli operatori della scuola in generale, oltre che agli studenti, che quelle scuole le abitano quotidianamente. Solo in ultimo spetterà alla restante parte della popolazione civile, giovane, adulta e sana. Che dovrà, per questo, tenere ancora alta la guardia, rispettando le norme sul distanziamento, sull’uso delle mascherine, e sull’igiene costante delle mani. Alcuni paesi europei hanno deciso di registrare i nominativi di tutti coloro i quali si faranno vaccinare, e di tenere a memoria anche quelli dei cosiddetti novax, le cui generalità dovranno essere pubblicizzate e note anche all’estero, negli altri paesi europei, per mettere tutta la comunità nella condizione di sapere chi sia o no vaccinato contro il coronavirus. In un mondo globalizzato, difatti, le vicende interne ad un paese comunitario non possono essere più ritenute affare privato, ma necessitano di condivisione con tutti gli altri membri della stessa comunità di appartenenza. E l’Europa è una grande comunità di popoli e nazioni, oltre che di stati. Purtroppo, infatti, mentre si comincia a parlare di vaccini, e della certezza che la scienza, grazie alla ricerca, abbia sconfitto ancora una volta i virus che mettono a repentaglio la sopravvivenza della specie umana, già ci sono i primi novax che dichiarano apertamente di non aver alcuna intenzione di farsi vaccinare, perché ritengono l’anticovid poco supportato da prove sperimentali, a conferma della sua bontà ed efficacia contro la pandemia da coronavirus. O, peggio, perché si possono annoverare tra i negazionisti, che rifiutano di accettare la realtà della pandemia globale. Si sa, inoltre, che ci sono categorie più deboli di cittadini che non potranno fare il vaccino, proprio a causa delle loro precarie condizioni di salute e delle difese immunitarie molto basse e depresse, per patologie pregresse o ancora in atto. D’altra parte, l’immunità di gregge mette al riparo anche queste fasce della popolazione che risultano più a rischio, e che vengono protette proprio dalla difesa immunitaria garantita dal vaccino, a chi accetta volontariamente di sottoporsene. Quindi il 2021 sarà un anno segnato da un’ulteriore prova di responsabilità collettiva per tutta la comunità, perché chi sceglierà di farsi vaccinare compirà un importante gesto di solidarietà civile nei confronti degli altri, oltre che di se stesso. Cosa che non si può proprio affermare per i novax o per i negazionisti. Allo stesso modo in cui chi si è prodigato in attenzioni per la propria salute personale, utilizzando mascherine, distanziamento e igiene delle mani, in questo lungo periodo di tempo ha, in fin dei conti, difeso, unitamente alla propria salute, anche quella degli altri. Non bisogna, però, abbassare la guardia. Anche se la campagna vaccinale ha, ormai, preso il via, è necessario continuare, fino all’immunità di gregge, a rispettare le regole di protezione, e i divieti che ci sono stati imposti e che potranno ancora susseguirsi. Non dimentichiamo che saremo nuovamente in zona rossa dal 31 dicembre e che, dopo questo periodo che segnerà la fine del 2020 e l’inizio del nuovo anno, si tornerà ancora in zona arancione. E saranno poi i numeri a suggerire il ritorno graduale, ma molto lento, alla normalità, che non potrà comunque arrivare prima della tanto sospirata immunità generale o di gregge. Quindi è bello, certamente, che questo nuovo anno si apra con una speranza, che ci aiuta a vedere la luce in fondo al tunnel. Ma dobbiamo mantenere alta l’attenzione, nella consapevolezza che il percorso sarà ancora lungo e difficile, e che ci vorrà molta pazienza per venirne fuori del tutto. Il 2021 non si aprirà, perciò, da gennaio con un “liberi tutti”, che garantirebbe l’arrivo della terza ondata, cosa che si paventa già da più parti alla notizia della riapertura delle scuole in presenza, il 7 gennaio. Dal lato della Comunità Scolastica Nazionale, a questo proposito, è già in atto una levata di scudi, contro il ritorno in classe a favore della didattica a distanza, che ha dato prova di aver prodotto comunque buoni risultati tra gli alunni utenti e nel corpo docente, che si è dovuto contestualmente formare alle metodologie tecnologiche e multimediali, per fare lezione in didattica digitale integrata e in dad. E, a questo scopo, circolano in rete delle petizioni che intendono riportare l’attenzione del mondo politico proprio sui pericoli di un ritorno in classe a gennaio. Non dimentichiamoci, però, anche di quei lavoratori, e sono tantissimi nel nostro paese, che sono stati costretti a tenere le loro attività chiuse, e che hanno dovuto forzatamente rinunciare ai guadagni che da quelle sarebbero derivati, se le misure restrittive della prima e della seconda ondata, che hanno contenuto la diffusione del virus, salvando contestualmente molte vite umane, non fossero state adottate. Il Paese si avvia ad una nuova fase recessiva, che nei prossimi anni, con la ripartenza, sarà tutta in salita. Alcuni sostengono che soltanto nel 2023, se le cose andranno come si auspica, si potranno raggiungere nuovamente i livelli dell’economia precovid che, non dimentichiamolo, viveva già una stagione di recessione, di stagnazione e di crisi dal 2008. Molti hanno perso il lavoro; tante attività commerciali hanno abbassato la loro saracinesca per sempre; i teatri e il cinema sono chiusi; i musei hanno notevolmente limitato le loro attività; sport e turismo hanno subito uno stop. Quest’ultimo per l’oggettiva impossibilità di effettuare viaggi in Italia e all’estero. Tutto si è fermato nel 2020. Come se il mondo si fosse addormentato sotto l’effetto del coronavirus. Adesso bisogna ripartire. Ma la ripresa sarà lenta e niente affatto indolore. Prepariamoci, perciò, a lasciarci alle spalle un anno difficile, nella consapevolezza che ci attendono comunque tempi ancora duri. E che ne usciremo, ma che necessitiamo di avere pazienza, e tanto coraggio, per affrontare e sostenere le problematicità che, inevitabilmente, seguiranno, a livello sociale, economico, politico e di salute pubblica. Non ci scoraggiamo. Buon Anno a tutti!
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